Disfunzione erettile e cuore: la sindrome metabolica

Con il termine “sindrome metabolica” non si fa riferimento a una singola patologia, ma a un insieme di fattori di rischio legati a condizioni che aumentano la possibilità di sviluppare patologie cerebro e cardiovascolari e diabete. La definizione più conosciuta ed applicata nella pratica clinica è quella del National Cholesterol Education Program Adult Treatment Panel (ATP) III del 2001. Essa la presenza di tre variabili contemporaneamente presenti tra le seguenti:

  • obesità addominale (circonferenza vita > 102 cm (uomo),
  • ipertensione (pressione sistolica ≥ 130 mmHg e diastolica ≥ 85 mmHg),
  • ipetrigliceridemia (Trigliceridi > 150 mg/dl),
  • basso colesterolo HDL  (< 40 mg/dl (uomo)
  • iperglicemia (glicemia >110 mg/dl)

Più alto è il numero di condizioni di cui si soffre, maggiore è la probabilità di sviluppare la sindrome metabolica. Inoltre è da sottolineare che:

il rischio di sviluppare la sindrome metabolica aumenta con il passare degli anni; se si soffre di diabete si è maggiormente predisposti allo sviluppo di questa sindrome; la predisposizione genetica e lo scarso esercizio fisico possono giocare un ruolo di una certa importanza nell'insorgenza della sindrome.

Un soggetto soltanto sovrappeso e sedentario, anche se non chiaramente diabetico né iperteso, ha comunque un rischio di eventi cardiovascolari superiore del 50% rispetto a una persona "sana".

La prevalenza della disfunzione erettile (DE) nei pazienti con sindrome metabolica (MetS) è doppia rispetto ai pazienti che non hanno la MetS; inoltre il 40% di questi pazienti ha un ipogonadismo, ovvero livello bassi di testosterone.

La disfunzione erettile su base arteriogenica è caratterizzata dall'incapacità da parte delle arterie del pene (arterie cavernose) di far arrivare l'adeguato flusso di sangue sufficiente ad ottenere un'erezione. Tale condizione è una manifestazione precoce di un danno vascolare generalizzato e condivide gli stessi fattori di rischio dell'infarto.

Pertanto la DE dovrebbe essere considerata sintomo iniziale di malattie cardiovascolari, metaboliche ed endocrine. Infatti la DE precede in media di circa 3 anni la comparsa di eventi CV maggiori poiché le arterie peniene di calibro inferiore raggiungono livelli critici di riduzione del flusso arterioso prima rispetto ai più grandi vasi coronarici. Dal momento che le arterie cavernose misurano 1-2 mm mentre le arterie coronarie (ovvero le arterie del cuore) misurano 3-4 mm, una placca aterosclerotica può dar segno di sè prima a livello penieno e successivamente a livello cardiaco.

E' stato rilevato che in una popolazione di soggetti asintomatici per cardiovasculopatia ma affetti da DE, l’80% presentava multipli fattori di rischio per cardiopatia ischemica, ed il 50% circa di essi presentava positività agli stress test; di questi circa la metà era affetta da malattia aterosclerotica coronarica significativa (malattia di 2-3 vasi coronarici). Ulteriori studi hanno evidenziato come la presenza di DE, più che con l’evento coronarico acuto (IMA - UA), si correla con il carico aterosclerotico globale e con la durata della malattia coronarica essendo prevalente nei pazienti ad es. con malattia coronarica plurivasale e cronica o con malattia cronica dei tronchi sovraortici o arteriopatia cronica periferica.

La presenza di DE costituisce un campanello d’allarme per l’insorgenza di patologie cardiovascolari e metaboliche. Deve essere una “spia” utile per il paziente per capire che necessita di controlli e cure al fine di prevenire o contenere il rischio di sviluppare eventi cardiovascolari come l'infarto.

Il cambiamento dello stile di vita rappresenta l’intervento di prima linea per ridurre i fattori di rischio metabolici e comprendono:

  • perdita di peso nei soggetti obesi o in sovrappeso,
  • aumentata attività fisica
  • cambiamento della dieta aterogenica.
  • raggiungimento e mantenimento di una condizione metabolica ottimale (profilo lipidico e glicemico).
  • smettere di fumare
  • ridurre lo stress (che può peggiorare la prognosi della sindrome metabolica, aumentando la pressione arteriosa e determinando resistenza all'azione dell'insulina).
  • prevenzione delle complicanze

Vi sono ampie dimostrazioni che riducendo il grasso addominale, e di conseguenza la resistenza all’insulina, in modo moderato (a partire da un calo ponderale del 5 %) si può ottenere un importante miglioramento di tutto il profilo di rischio cardiovascolare. I momenti fondamentali del trattamento della sindrome metabolica sono pertanto mirati al calo ponderale e al miglioramento dei singoli fattori di rischio, e prevedono un trattamento dietetico, l'introduzione dell'attività fisica controllata e la terapia farmacologica (per alterazioni superiori a soglie di rischio, o non corrette dopo adeguata terapia comportamentale).

L'efficacia della terapia della disfunzione erettile con farmaci orali si giova delle modifiche dello stile di vita, rappresentando quest'ultimo un momento terapeutico irrinunciabile!